Perché comunicare troppo può danneggiare un’impresa.
Non tutto ciò che si comunica crea valore
Oggi il rischio non è tacere: è dire troppo.
Molte imprese, spinte dalla frenesia dei social, producono contenuti continui, senza criterio.
Il risultato? Il pubblico si abitua al rumore e smette di ascoltare.
In comunicazione, la quantità non sostituisce la qualità.
L’eccesso genera diffidenza.
E la diffidenza rallenta il lavoro.
L’overload comunicativo: un problema reale
Quando un’azienda comunica troppo, accade qualcosa di semplice:
- perde autorevolezza,
- confonde il messaggio,
- stanca il cliente,
- genera percezione di disordine,
- appare meno credibile.
Il pubblico non ricorda tutto ciò che vede.
Ricorda ciò che ha senso.
Perché il silenzio selettivo è una forma di rispetto
Ogni contenuto deve rispondere a una domanda:
“Serve davvero a chi lo riceve?”
Le persone non hanno tempo da perdere.
La misura è una forma di rispetto verso i clienti.
Una buona comunicazione non parla sempre.
Parla quando ha qualcosa da dire.
Qualità sopra quantità
I contenuti utili sono pochi e chiari:
- spiegano,
- orientano,
- rassicurano,
- risolvono,
- raccontano fatti reali.
Il resto è rumore.
E il rumore, oggi, è un costo.
Il danno reputazionale dell’eccesso
Comunicare troppo può generare due conseguenze:
1.Perdita di credibilità
L’azienda sembra più interessata a “postare” che a lavorare.
2.Incoerenza narrativa
Con troppi messaggi si rischia di contraddirsi, cambiare tono, perdere identità.
La reputazione è fragile: si costruisce lentamente, si indebolisce rapidamente.
Anche la misura è una forma di disciplina.
Comunicare non significa occupare spazio.
Una comunicazione essenziale, chiara e rispettosa vale più di cento contenuti generici.
La reputazione cresce quando l’impresa sa quando parlare.
E sa quando è meglio restare in silenzio.
Mauro Paissan
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