Produttività e salari: il Trentino ha bisogno di una crescita vera, condivisa e generazionale
“Servono riforme fiscali per sostenere redditi, imprese e giovani. Solo una strategia comune da Roma a Trento può restituire fiducia, lavoro e futuro al territorio, ai giovani ed alle prossime generazioni.”
L’intervista di Lorenzo Delladio (Confindustria) e Andrea De Zordo (Artigiani), pubblicata su Il T Quotidiano, riporta al centro del dibattito economico un tema cruciale: senza produttività non ci possono essere aumenti salariali sostenibili.
Un’affermazione vera, ma che impone una riflessione più ampia — nazionale e territoriale — su cosa significhi oggi “produttività” in un Paese dove la crescita è fragile e il potere d’acquisto resta fermo da anni.
Il nodo nazionale: salari fermi, inflazione e stagnazione
A livello nazionale, la produttività del lavoro in Italia è cresciuta in vent’anni di appena l’1%.
Un dato che spiega perché, anche in presenza di contratti rinnovati o di bonus temporanei, i salari reali restano tra i più bassi d’Europa.
Come ricordato da Confesercenti e dal Centro Europa Ricerche, nel 2024 la spesa complessiva delle famiglie è aumentata solo dello 0,6% in termini nominali, ma si traduce in una perdita reale di circa 4 miliardi di euro.
Le famiglie italiane dispongono oggi di oltre l’11% in meno di potere d’acquisto rispetto al 2019.
Siamo in una fase di stagnazione strutturale, dove il rallentamento dei consumi si intreccia con costi crescenti per energia, trasporti e filiere.
Per invertire la rotta non bastano nuovi contratti o bonus una tantum: serve una svolta fiscale reale, che liberi risorse per famiglie e imprese e rilanci la domanda interna.
Da tempo Confesercenti propone di detassare le tredicesime e i premi di produttività, misura che aumenterebbe immediatamente la capacità di spesa e darebbe ossigeno ai bilanci familiari e ai consumi locali.
Ma se si vuole affrontare il problema in modo strutturale, occorre agire con decisione sul cuneo fiscale, che oggi continua a pesare più della media europea.
Ridurre in modo radicale il divario tra costo del lavoro per l’impresa e salario netto per il lavoratore significa restituire potere d’acquisto, incentivare l’occupazione stabile e rafforzare la competitività del sistema produttivo.
Un intervento profondo su questo fronte può trasformare il dibattito sui salari in una politica di crescita duratura, capace di sostenere produttività e coesione sociale allo stesso tempo.
La produttività si costruisce: investimenti, competenze, fiducia
Produttività non significa semplicemente “fare di più con meno”, ma lavorare meglio, con strumenti più efficienti, competenze aggiornate e contesti organizzativi più intelligenti.
La vera sfida è creare le condizioni perché le imprese — piccole e grandi — possano innovare, formare, digitalizzare e collaborare in reti di filiera, valorizzando i giovani e le loro competenze come motore di rinnovamento e continuità generazionale.
Questo è particolarmente vero per l’Italia e per il Nord Est, dove il tessuto produttivo è formato per oltre il 90% da micro e piccole imprese, spesso a conduzione familiare, legate ai territori e ai mercati locali.
Oggi, però, questa struttura diffusa ha bisogno di un salto di qualità: rafforzare i piccoli significa aiutarli a fare rete, unire risorse, esperienze e competenze per diventare più solidi, competitivi e resilienti.
Solo così potranno superare fragilità ormai note — scarsa patrimonializzazione, limitata bancabilità, ridotta capacità d’investimento — e mettersi nelle condizioni di accedere a mercati più ampi e commesse più rilevanti, senza perdere la propria identità.
Le aggregazioni tra imprese, i consorzi di filiera e le alleanze pubblico-private territoriali possono diventare strumenti strategici per consolidare la produttività e la tenuta del sistema economico trentino e italiano.
Il Trentino: un’economia da riequilibrare nella complementarietà dei suoi settori.
Nel nostro territorio la produttività non dipende da un solo comparto, ma nasce dall’integrazione tra industria, commercio, servizi, turismo e artigianato: un ecosistema in cui ogni settore contribuisce, in modo diverso ma complementare, alla crescita complessiva.
L’industria, con la sua capacità di innovare e di aprirsi ai mercati esteri, resta un motore trainante dello sviluppo trentino; ma la tenuta del sistema si fonda sulla rete diffusa di piccole e micro imprese del commercio, dei servizi, del turismo e dell’artigianato, che rappresentano oltre il 70% dell’economia reale provinciale (fonte: Camera di Commercio di Trento, Istat) e garantiscono occupazione, prossimità e coesione sociale in ogni comunità.
Sono anche il primo punto di accesso al lavoro per molti giovani trentini, un canale fondamentale per trasmettere competenze, esperienze e cultura d’impresa.
Queste imprese, pur operando con margini ridotti, costi in aumento e consumi stagnanti, continuano a sostenere la vitalità economica e sociale del territorio.
Per loro, la produttività non nasce da un nuovo contratto, ma da investimenti in formazione, digitalizzazione, innovazione di processo e collaborazione tra filiere.
Ecco perché limitarsi a parlare di contrattazione aziendale rischia di escludere proprio quella parte dell’economia che tiene unito il tessuto trentino.
Serve una visione più inclusiva e sinergica, capace di valorizzare la collaborazione tra manifattura e terziario, riconoscendo a commercio, artigianato e turismo il ruolo di ali complementari dello stesso sviluppo, fondato su innovazione, sostenibilità e coesione.
Le proposte, dal quadro nazionale alle scelte provinciali. Interventi coerenti per sostenere redditi, imprese e giovani.
Per rilanciare la produttività e rafforzare i redditi non servono misure isolate, ma un’azione coordinata tra livello nazionale e provinciale, capace di restituire fiducia e prospettiva all’economia reale.
A livello nazionale, ribadiamo la necessità di:
Una riforma strutturale del cuneo fiscale, per ridurre in modo permanente il divario tra costo del lavoro e salario netto;
La detassazione delle tredicesime e dei premi di produttività, con effetto immediato sul reddito delle famiglie e sulla domanda interna.
A livello provinciale, chiediamo che la Legge di Bilancio 2026 affronti con decisione questa sfida, intervenendo su quattro priorità concrete:
Alleggerire la pressione fiscale locale (IRAP e addizionale IRPEF) per microimprese e redditi medio-bassi;
Sostenere il reddito disponibile e l’occupazione giovanile di qualità, con misure di welfare territoriale e incentivi mirati ai consumi delle famiglie;
Rafforzare la rigenerazione urbana e la modernizzazione dei negozi di vicinato, cuore economico e sociale dei centri urbani;
Promuovere una rete stabile di collaborazione pubblico–privato, per valorizzare i servizi di prossimità come infrastruttura sociale del territorio.
Produttività e salari non sono due variabili in opposizione, ma due forze che si alimentano a vicenda.
Serve un’azione coerente, da Roma a Trento, per evitare che anche il Trentino scivoli in una pericolosa stabilità stagnante e restituire al territorio la capacità di crescere, innovare e includere.
Il Trentino ha dimostrato negli anni di saper reagire alle crisi puntando sulla qualità, sulla formazione e sulla coesione dei suoi territori. Oggi, di fronte alle nuove sfide economiche e sociali, occorre una politica economica condivisa, che unisca riforme fiscali nazionali e scelte locali coraggiose, guardando con attenzione alle nuove generazioni e alla loro piena partecipazione alla vita economica e produttiva del territorio.
Così sarà possibile trasformare la stabilità in crescita, restituendo fiducia alle famiglie, forza alle imprese e prospettiva di qualità al lavoro, in particolare ai giovani che dovrebbero rappresentare il presente oltre che il futuro del Trentino.
Mauro Paissan
Presidente Confesercenti del Trentino